A cura di Antonio Pellecchia.
È necessario partire dalla periferia per trovare il centro, altrimenti lo mancherai!
Il primo passo da compiere sul sentiero asanico sarà prendere consapevolezza del proprio corpo, delle proprie meccanicità, della propria assenza.
Rivolgi il tuo sguardo alla macchina biologica umana, percepisci i blocchi e le contrazioni, risveglia i muscoli dormienti, rilascia le tensioni superflue, libera le articolazioni dalla memoria e impara ad ascoltare il tuo migliore amico: il respiro.
È così che troverai un tesoro, scoprirai un nuovo senso e un nuovo verso: l’attenzione volontaria.
L’attenzione è il fuoco col quale cuocere il tuo vaso d’argilla, dovrai coltivarla con pazienza, umiltà e mansuetudine.
Per far si che quest’attenzione non si disperda, è necessario eliminare il conflitto dalla posizione affinché l’asana risulti stabile comoda e confortevole; minore sarà il conflitto, maggiore sarà l’energia di cui l’attenzione potrà disporre.
È il fuoco costante dell’attenzione che scioglie i blocchi fisici, elimina le scorie energetiche e coagula un nuovo stato: la presenza.
La posizione non si fa, puoi solo entrare nell’asana con consapevolezza, prestare attenzione, e uscire dall’asana serbando in te l’esperienza.
Impara a contenere la posizione senza strafare, è inutile imporsi di raggiungerla in quanto la asana si produrrà da se.
Puoi solo osservare cosa ti impedisce di abbandonarti alla posizione, cosa ti impedisce di piegarti, di raddrizzarti, di voltarti, di allungarti, di tenerti in equilibrio, cosa distoglie la tua attenzione portandoti altrove.
Essere in posizione significa dirigere l’attenzione volontaria all’interno, espandere la propria consapevolezza a tutto il corpo, percepire il fulcro attorno a cui ruota l’asana e mantenerlo presente; godere del piacere di percepire, sentire e conoscere il corpo.
Ricorda che l’uomo non può conoscere altro che se stesso. Il corpo è l’unico luogo possibile dove tu sei, se sei nel corpo sei in tutti i luoghi possibili.
Namastè.
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